Nell’incanto della Spigolatura d’Uva: un viaggio tra passato e presente

È tempo di vendemmiare. Ogni vigneto ha il suo tempo, ogni vitigno il suo momento e ogni viticoltore aspetta la maturazione delle sue uve, anno dopo anno resta il momento più importante, gioioso, faticoso… Tutto l’anno si lavorano le campagne in attesa di questo momento, la vendemmia è il verdetto, come sarà quest’anno il vino?

Allora entriamo in vigna, il vento leggero sussurra tra i filari di vite, portando con sé l’aroma inconfondibile dell’uva matura, il sole cocente del tardo pomeriggio bacia le vigne. Qui, in questo angolo di paradiso enogastronomico, ci immergiamo nell’antica pratica della spigolatura dell’uva, una tradizione ricca di storia, passione e sapore.

Storicità e storytelling

La spigolatura dell’uva è una pratica, anzi un’arte, tramandata di generazione in generazione, un rituale che ha le sue radici profonde nel cuore delle comunità vinicole di tutto il mondo. Nata in un’epoca in cui la tecnologia non aveva ancora rivoluzionato la viticoltura, la spigolatura dell’uva era un lavoro meticoloso e laborioso svolto a mano, essenziale per garantire la qualità dell’uva destinata alla produzione di vino.

La spigolatura: via il cattivo dentro il buono.

Le donne, spesso vestite con abiti rustici, si riunivano nei vigneti per iniziare il compito di spigolare. Con destrezza e delicatezza, selezionavano attentamente i grappoli d’uva, rimuovendo le foglie secche, gli insetti e le bacche non mature o danneggiate.

Questo processo richiedeva tempo e pazienza, ma era un passo fondamentale per assicurare che solo l’uva migliore fosse destinata alla vinificazione.

Il porporato frutto della vite e dell’uomo

Ma perché si faceva la spigolatura dell’uva con tanto impegno? La risposta risiede nella purezza del mosto. L’eliminazione delle impurità e dei grappoli imperfetti permetteva di ottenere un mosto di qualità superiore, riducendo la possibilità di contaminazioni indesiderate e preservando i profumi e il sapore autentico delle uve.

Se la fine della vendemmia è storicamente un’occasione di grande festeggiamento la spigolatura non era da meno.

La spigolatura era un’occasione sociale. I vignaioli si riunivano, condividendo storie, canzoni e talvolta un bicchiere di vino fatto in casa. Questo rituale non solo garantiva una produzione vinicola di prima classe ma creava anche un senso di comunità e appartenenza che andava ben oltre la semplice lavorazione delle vigne.

Ma i tempi cambiano

Nel corso degli anni, l’evoluzione della tecnologia e dei processi di produzione ha portato a una graduale scomparsa della pratica della spigolatura dell’uva. Macchine sofisticate e moderne sono state sviluppate per separare automaticamente l’uva dai contaminanti, rendendo la spigolatura manuale un’arte quasi dimenticata.

Tuttavia, nonostante la crescente automazione nel mondo vinicolo, c’è ancora un posto speciale per la spigolatura tradizionale. Alcuni produttori artigianali e viticoltori appassionati hanno scelto di mantenere viva questa pratica antica. Essi credono che la spigolatura a mano conferisca un tocco unico alla produzione del vino, preservando un legame tangibile con la terra e il passato.

Ci sono ancora angoli del mondo vitivinicolo dove la tradizione vive e prospera e dove la spigolatura dell’uva è vista come un atto di rispetto verso la tradizione e il territorio.

Le vecchie signore che erano una volta le spigolatrici si sono trasformate in custodi di un’arte antica, insegnando alle giovani generazioni i segreti della spigolatura a mano. I giovani apprendisti non solo imparano l’abilità di separare il grano dal loglio, ma scoprono anche il valore della connessione umana con il vigneto e l’importanza di preservare le tradizioni.

La spigolatura dell’uva è molto più di un semplice atto di selezione, è un’occasione per celebrare la tradizione e l’umanità nel mondo della viticoltura.

La spigolatura: selezione ma anche necessità

Molto spesso la spigolatura delle vigne era anche una risposta alla necessità.

Nelle regioni rurali, la vendemmia era una delle attività più importanti dell’anno, ma spesso i viticoltori non erano in grado di raccogliere tutti i grappoli di uva matura.

Ciò che non si riusciva a raccogliere era (ed è tutt’ora) un frutto prezioso delle vigne che non doveva essere sprecato.

Il Raccogliere del “Tuttofare”

In questo contesto la spigolatura diventa una pratica con un diverso significato. E non avveniva durante la vendemmia bensì dopo.

I contadini, i bambini e le persone più povere arrivavano nelle vigne dopo la vendemmia per raccogliere i grappoli maturi rimasti. Non si trattava solo di recuperare l’uva per evitare lo spreco, ma anche di garantire che nulla andasse perduto nella lotta contro la fame e la penuria.

il sacco

Una tematica tanto antica e tradizionale quanto attuale.

Era una relazione win to win. I viticoltori risparmiavano sulle braccia per ripulire i vigneti e i contadini più poveri si approvvigionavano di buon cibo per il loro sostentamento.

L’uva avanzata dalla vendemmia era una risorsa preziosa che poteva essere utilizzata per produrre vini rustici, confetture o essiccare l’uva per consumarla durante i mesi invernali.

La spigolatura era una vera e propria arte di adattamento e utilizzo delle risorse disponibili.

Anche in questo caso la spigolatura dell’uva non era solo un atto pratico, ma conservava un profondo significato culturale e sociale.

Riunendo le comunità nelle vigne dopo la vendemmia, la spigolatura era un momento di condivisione e solidarietà.

E oggi?

Come ti dicevo, per i viticoltori artigianali la spigolatura è ancora di fondamentale importanza. Sia durante che dopo la vendemmia. Oggi i contadini raccolgono la resta, i grappoli maturi dimenticati dalla vendemmia, per loro consumo personale e, in cambio, donano al viticoltore altri prodotti della loro campagna o della loro cucina. Uno scambio vincente per fare rete nel territorio.

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La spigolatura dell’uva è un capitolo affascinante nella storia dell’enogastronomia, è una pratica che racconta una storia di lotta, solidarietà e adattamento.

Come si prepara la confettura dalla resta

Ebbene si, i grappoli avanzati dopo la spigolatura venivano utilizzati anche per la preparazione di deliziose confetture d’uva.

cesto
cesto

Mi sono interessata ad approfondire questo punto e ho pensato di proporti qualche suggerimento ben studiato sul come preparare un’ottima confettura d’uva. Per me è stata un’occasione per approfondire e rispondere ad una domanda che mi sono sempre posta:

“come si fa a preparare una confettura d’uva se tutti gli acini sono pieni di fastidiosi semini amari, ci sarà un modo per eliminarli senza privarsi della polpa, fresca e dolce, della bacca e senza metterci un’eternità?”

La risposta è sì! E una volta eliminati i semini il resto è un gioco da ragazzi.

Vediamo come.

Dopo aver lavato le uve, mettile in una pentola capiente.

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Versa abbastanza acqua per coprire tutti gli acini. Porta a ebollizione, poi abbassa la fiamma e fai cuocere a fuoco lento per circa 10 minuti. Questo ammorbidirà i semi.

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Ora, prendi un setaccio o uno schiacciapatate e inizia a schiacciare le uve. L’acqua farà sì che i semi si separino facilmente dalla polpa. Filtra la polpa attraverso un setaccio o uno schermo per raccogliere la purea senza semi.

setaccio

Detto fatto. Aggiungi lo zucchero. Quanto? 1/3 della quantità delle uve (o anche meno se ricerchi maggiore freschezza e meno dolcezza). Se ho 600g di purea di uva aggiungerò 200g di zucchero, per capirci. Ma ti dirò una cosa, mia nonna lo faceva proprio senza zucchero.

Uno spruzzo di succo di limone per equilibrare le componenti acide e via, siamo pronti per la cottura.

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Cuocere rigorosamente a fuoco basso mescolando costantemente. Non posso dirti quanto ci vorrà, potrebbe essere una mezz’ora o anche di più, dipende dai tuoi fornelli… O almeno ogni volta che mi suggeriscono un tempo di cottura non è mai quello, quindi perché suggerirlo? Sarai tu a capire quando la tua purea è diventata confettura.

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