Ho appena finito di scrivere questo articolo sull’Alto Adige con carta e penna, ho iniziato così sotto l’ombrellone ma quasi sicuramente ripeterò l’esperienza.
Nei prossimi paragrafi troverai un po’ di tutto, un mix di riflessioni, approfondimenti, esperienze… Sul mio tour in Alto Adige, che tra parentesi era anche il mio viaggio di nozze anche detto Motomoon, dato che ci spostavamo in moto.
Non siamo stati fermi un attimo, mai più di una notte nello stesso albergo, c’era troppo da fare, troppo da vedere ma soprattutto troppo da assaggiare.
Di cosa parlo
Chi cerca l’italianità in Alto Adige
Non serve andare lontano per trovare quello che non ti aspetti, in Alto Adige non ho trovato quello che mi aspettavo.
Parlare del cibo per parlare del territorio o parlare del territorio per parlare del cibo? Queste, probabilmente, sono le chiavi di narrazione più diffuse per chi racconta dell’Italia, dei mestieri e del Made in Italy. L’Alto Adige, a mio parere, richiede una chiave di lettura diversa, atipica se vogliamo.
Mi sono interrogata su non pochi “perché” che trovano risposta nella storia, nei retaggi e negli altoatesini.
L’Alto Adige è territorio dello speck, dei formaggi di malga, dei vini rossi di montagna innovativi con il tappo a vite ma la sua forte identità e riconoscibilità le deve soprattutto alle sue persone: gli altoatesini.
Gli altoatesini sono italiani con il cuore e con l’anima tirolese, del Tirolo dei tedeschi di Monaco di Baviera per intenderci. Chi cerca la tradizionale italianità non la troverà in Alto Adige (Süd Tirol), lì si trovano altri tipi di splendore.
Breve storia: prenotare una cena in alto adige
Sai le cene d’estate, quelle che torni dal mare alle 20 per essere a tavola alle 22? Ecco, in Alto Adige ce le possiamo scordare, ma cosa mi aspettavo, d’altronde siamo in montagna, detto tra noi mi sono molto mancate.
Avevo puntato aLMa9 un ristorantino di Bolzano, una chicca capitanata da uno chef israeliano famoso per la sua cucina fusion: cucina israeliana integrata con le più tradizionali ricette e ingredienti altoatesini.

Dicevamo, chiamo chiedendo la disponibilità di un tavolo per cena sul tardi. Essendo reduci da una giornata di camminate sfiancanti e di tragitti in moto avevamo bisogno di un po di riposo.
La loro risposta: “Si va bene anche sul tardi per noi, per le 20 può andarle bene?”
Ecco, qui ho avuto la definitiva conferma, l’orologio non lo leggiamo allo stesso modo! Poi sono stati così gentili ad accoglierci alle 21, non me la sono sentita di chiedere di più. E poi mi hanno fatto conoscere il limone persiano quindi Love it!
arrivare É SEMPRE BELLO
Quale miglior modo di iniziare il tour in Alto Adige se non “impiccandoci” fino alla cima del passo dello Stelvio, in moto, con zero gradi e nevischio?
Questo ha senza dubbio contribuito alla “bellezza di arrivare”, arrivare è sempre bello, ma arrivare in cima allo Stelvio è stato superlativo. E qual’è la prima cosa che si fa quando si arriva in vetta? Si cerca un rifugio ovviamente. Io le foto di rito le scatto solo a stomaco pieno.

Sarà stata la novità, la stanchezza, l’atmosfera ma le uova, le Kartoffen (patate) e i wurstel che ho mangiato in vetta allo Stelvio sono state le più buone della mia vita. Ci sono moltissime evidenze e studi sulla qualità delle patate che nascono in alta quota, probabilmente tornerò su questo argomento. Una tisana alle erbe e una fresca Forst per mandare giù il boccone. Tuttavia, la mia esperienza al Rifugio Alpino Tibet Hütte lo ricordo specialmente per una cosa: l’inizio della mia dipendenza dal succo di mele.


L’Alto Adige è Mele
Sicuramente conoscerai di fama le mele altoatesine, ma la loro storia? Perchè in questo territorio ci sono così tante mele?
Me lo ha raccontato Lorenzo, durante la mia visita presso la cantina Kettmeir, uno dei più importanti produttori vitivinicoli della zona.
In Alto Adige non si può parlare di vino senza parlare di mele e questo, a quanto pare, anche in Trentino. Nell’azienda agricola Pojer e Sandri, ad esempio, si crea un paesaggio di grande fascino e dalla biodiversità unica, qui i vigneti di Pinot Meunier si alternano con le mele cotogne che conservano gelosamente il loro spazio.

Il tempo delle mele
Durante l’impero Austro-Ungarico questo territorio era dedicato alla Schiava, in tedesco Vernasch (che non ha nulla a che fare con la vernaccia di S.Gimignano), il vitigno autoctono a bacca rossa tanto amato dall’imperatore. La storia vuole che l’imperatore avesse fatto dell’Alto Adige la sua riserva di vino per tutto l’impero e che ogni giorno partissero vagoni carichi di damigiane dalle cantine altoatesine dirette in Austria.
La Schiava concede un vino rosso scarico di pronta beva, dal tannino soffice e delicato, un vino vivace, “top per l’aperitivo” potremmo dire ora. Tutte le caratteristiche della Schiava erano in netta contrapposizione con i grandi rossi a cui erano abituati, e forse lo sono un po’ anche oggi, i nasi e i palati degli italiani. Parlo del Nebbiolo (Barolo), del Brunello, dell’Amarone… Insomma, la Schiava non era gradita agli italiani… Ma questo per dire cosa?
Quando il territorio dell’Alto Adige entrò a fare parte dei confini italiani la Schiava diventò italiana e subì una grandissima depressione. Da tanto amata a poco considerata. I produttori altoatesini, disperati dal cambio di rotta dei consumi del loro vino, decisero di sostituire le vigne di Schiava con le mele. L’altitudine del territorio garantiva le condizioni morfologiche e climatiche perfette per queste piantagioni per di più nel territorio italiano nessuna regione si distingueva per eccellere in queste colture. Fu un successo in da subito, le mele dell’Alto Adige ora sono preziose e amate da tutti gli italiani e non solo!
Do you speak wine?
Per me già è difficile parlare di vino, sto imparando ma la strada è lunga, figuriamoci di vino internazionale…
Buonissima parte dei vitigni allevati in Alto Adige sono internazionali. Un territorio di meleti impreziosito negli anni da vigneti, soprattutto di uve a bacca bianca e soprattutto di varietà internazionali.

Nella zona centro-meridionale dell’Alto Adige si trova la Strada del Vino, in questi pressi avviene la coltivazione della maggior parte delle vigne e la produzione del 95% del vino dell’Alto Adige (N.B. non del Trentino). Vediamo quali?
I vini ROSSI dell’alto adige
L’Alto Adige è terra dei grandi vini bianchi, ma la storia ci parla dei suoi vini rossi. La Schiava e il Lagrein, i vini autoctoni altoatesini per eccellenza, non mollano l’osso e si stanno riaffermando con una forte identità.

L’Alto Adige è la terra italiana del Pinot Nero di qualità, un vino di montagna (e anche di collina) e Mario Pojer (dal Trentino) ne parla così:
“Il Pinot Nero è un vitigno capriccioso. Per manifestarsi ed esprimersi al meglio ha bisogno sempre delle condizioni perfette: clima, altitudine, venti, temperature, morfologia del terreno, esposizione… Ma è un vino straordinario che da tantissime soddisfazioni”
Dal mio piccolo non posso che dargli ragione. Ho avuto l’onore di degustare un Pinot Nero del 2000 della sua riserva di famiglia e per me è stata una bellissima esperienza. Posso dire che è stato grandioso anche vedere la faccia di Mario colmarsi di orgoglio mentre degustavamo insieme il suo vino evoluto così perfettamente.

Uno dei più grandi produttori del Pinot Nero di montagna dell’Alto Adige è Franz Hass, le sue vigne hanno un’esposizione unica e si trovano ad alture fino a quasi 1000 metri slm. Cosa ci aspettiamo? Un’esplosione di profumi e delle connotazioni più evidenti e distinguibili rispetto ai vini da vigne allevate a quote più basse.

I VINI BIANCHI DELL’ALTO adige
Non posso non citare il Grüner Veltliner. Un vitigno a bacca bianca molto diffuso in Austria e presente in piccolissime quantità anche in Italia, nelle zone al confine. Non si può generalizzare quando si parla di vini, lo so “ad ognuno il suo”, ma posso sbilanciarmi dicendo che due dei miei vini preferiti sono Grüner Veltliner. Se dovessi essere un vino probabilmente sarei un Grüner Veltliner.

Trameno sulla Strada del Vino, la leggenda vuole che sia il paese di origine del vino a bianco Gewürztraminer, che tradotto in italiano significa appunto ” speziato e profumato di Trameno”. Ora il Gewüstraminer ha letteralmente conquistato il mondo, basti pensare che tra i primi dieci produttori di questo vino c’è anche la Cina… Ma abbiamo il lusso di poter raccontare che questa star aromatica, un po’ tropicale e dalla buccia rosa è nata in Italia.
Ce ne sarebbero molti altri, ma non posso rovinarti tutta la surprise!
BOLLA SI O BOLLA NO?
In Alto Adige regna il Pinot Nero, ma ancora non si è ufficialmente affermato un Metodo Classico dell’Alto Adige. Le tecniche di spumantizzazione nel territorio non sono ancora così diffuse e affinate. Forse frenati dalla supremazia indiscussa degli spumanti dei fratelli Trentini?
Dico ancora perchè c’è qualcosa che si sta muovendo ed ha un grandissimo potenziale. Hai già sentito parlare del Süd Tirol Sekt? Il Metodo Classico dell’Alto Adige che nasce grazie ad una cooperazione tra dieci produttori affermati decisi a fare fronte unito per produrre e promuovere la loro eccellenza. Il Süd Tirol Sekt, da vitigni di Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay è un vino di grande qualità e ciò non tarderà ad essergli riconosciuto. Forza!

Anche in questo caso l’Alto Adige si dimostra un esempio virtuoso per la cooperazione tra produttori vitivinicoli con lo stesso obiettivo: affermarsi con vini di qualità e far crescere il territorio.
M come Mucche, Malghe e Masi
Se vuoi integrarti, almeno un po’, nella comunità tirolese non parlare più solo di “rifugio” o di “baita” ma anche di “malga” e di “maso“, qua si entra nel caldo del lessico tirolese. Ebbene si, come strutture si somigliano forse, ma non sono proprio la stessa cosa.
Detto in parole spicce, le malghe sono le villeggiature estive degli animali da pascolo. In Alto Adige, come altrove, è buona prassi per i pastori condurre i propri animali quali mucche, pecore, capre (e se esistono, anche gli altri animali da pascolo e mungitura) a pascolare in Alpeggio.
Ma quando sono in alpeggio, gli animali, dove dormono? Risposta: nelle malghe.
Anche i pastori dormono nelle malghe. Nelle stesse malghe avviene anche la mungitura e tutti i processi di lavorazione e produzione dei formaggi.
Il maso è una malga invernale, molto semplicisticamente. Sono i luoghi dove avviene l’attività contadina, la pastorizia e la casearia durante l’inverno.
Quando non si vive nel maso, si vive nella malga.

e noi?
Noi dopo parecchie mezz’ore di passeggiata, anche con un discreto dislivello, circondati dall’aria frizzantina, scenari mozzafiato e dal tintinnare dei campanacci delle mucche (e dal loro muggito), possiamo arrivare nelle cosiddette malghe gestite.

Le malghe gestite sono generalmente delle attività familiari dove gli stessi pastori e i loro parenti sono così gentili da accogliere chi di passaggio per rimpinzarlo con i loro formaggi km zerissimo.
I formaggi si possono accompagnare con il succo di mele (ovviamente) o con una birra fresca e possono essere seguiti da un piatto caldo di specialità tirolesi, proprio come ho fatto io da Malga Sanon, tris di Canederli e Spätzle con Finferli.

I formaggi tirolesi
Se ho parlato di Malghe, non posso non parlarti dei formaggi dell’Alto Adige.

Sono tantissimi e tutti diversi tra loro ma hanno in comune una cosa: lo spirito della lavorazione. Che vuol dire?
I formaggi prodotti nelle malghe tirolesi nascono da lavorazioni tradizionali e abbastanza complesse, tipiche di realtà pastorizie molto povere.
In poche parole, quando si produceva il formaggio nelle malghe il mantre dei pastori era: “si usa tutto, non si butta niente”. Si cercava di trarre la maggior quantità di formaggio da ogni ml di latte e di trasformare il latte in prodotti sempre convenienti da commerciare. Così il formaggio nasce anche dagli scarti, se così posso dire, che è una vera eccellenza in tutte le sue varietà.
I FORMAGGI PER NOME
Un esempio è il Gräukase della Valle Aurina, il formaggio più magro del mondo, amatissimo dai foodies e dagli instagrammer poichè molto fotogenico. Questo formaggio porta un’esperienza gustativa abbastanza irruenta, direi “first reaction shock!” ma poi si integra perfettamente nelle papille gustative. Il Gräukase non si produceva con il caglio, che nelle malghe scarseggiava, bensì con il latte vaccino scaldato fino alla coagulazione, poi cotto, sbriciolato, condito con sale e pepe e lasciato riposare negli stampi. L’ho spiegato così “easy” che potrebbe sembrare una ricetta facilmente riproducibile nelle nostre cucine… Ovviamente non è così!
E poi c’è la Spessa, sempre una massa di latte coagulato. Per la produzione di questo formaggio non si usa il latte fresco, bensì ciò che rimane dopo molte scremature, che sono all’ordine del giorno nelle malghe per creare il burro. Il burro era il prodotto più amato dai pastori delle malghe perchè di facile lavorazione e molto produttivo a livello commerciale, per questo ne producevano a gogo. Possiamo quindi dire che la Spessa è una conseguenza del burro?
La cosa affascinante è che le lavorazioni dei formaggi nelle malghe sono rimaste tali e quali negli anni, la sola differenza è che ciò che prima era sussistenza ora è eccellenza.
Se le montagne non fossero così dispersive probabilmente ci sarebbe il traffico pedonale verso le malghe gestite.
Lo Speck dell’Alto Adige
Se ti ho parlato dei formaggi non posso non parlarti dello speck, l’insaccato altoatesino aromatizzato e affumicato.

Come nelle malghe, anche la vita nei masi richiedeva la massima efficienza per proseguire. I pastori dei masi, in giorni molto importanti dell’anno come a Natale, per tradizione uccidevano un maiale.
La carne suina veniva in parte consumata durante i festeggiamenti e in parte doveva essere conservata. Così nasce lo speck una rodata e affinata tecnica di conservazione della carne.
Non ho avuto occasione di visitare un maso per imparare di più sulla produzione dello speck, però sono andata a fare shopping da Tito il Maso dello Speck. Qui si trova veramente ogni prelibatezza e ti sfido a non farti prendere la mano con gli acquisti!
