Di cosa parlo
Vivono con 63 milioni di api e aiutano la natura a fare del suo meglio, scopri come!
R’era ‘d Minot: frutta e non solo
Bentornati su La dispensa delle eccellenze. Oggi siamo nel Roero, il territorio piemontese che, insieme a Langhe e Monferrato, è considerato patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Sono andata a trovare Domenico Bordone che, con i suoi figli Enrico e Stefano, gestisce l’attività agricola R’era ‘d Minot, ereditata dal padre, fondatore dell’azienda insieme al fratello.
La storia della famiglia Bordone parla di una vocazione agricola famigliare, dal sapore di miele e frutta fresca, che si tramanda da generazioni fino ad oggi.

Il nome R’era ‘d Minot è il dialetto piemontese per dire “L’aia di Domenico”.
Il Domenico in questione era un prozio dell’attuale Domenico, e nel lontano ‘900 possedeva un’aia (nome usato per identificare un cortile aperto che introduce un casale).
Questo spazio veniva adibito a mercato della frutta (soprattutto delle ciliegie) e della verdura. I contadini trasportavano il loro raccolto presso l’aia di Domenico per venderlo a commercianti e privati.

Una storia lunga un secolo che ha conferito non solo il nome all’azienda, ma anche e soprattutto un autentico spirito contadino che porta la R’era ‘d Minot di oggi a fare le cose conservando l’autenticità del passato.
R’era ‘d Minot: Miele e frutta del Roero – Il territorio
Domenico mi ha raccontato che i Bordone coltivano la frutta da più di quarant’anni, nelle zone di Monteu Roero, in prossimità della loro azienda, e qualche km più distante verso Montaldo Roero.
Il territorio del Roero ha una morfologia ideale per la produzione di eccellenze frutticole. Il suolo del Roero, infatti, ha origine alluvionale ed è molto fertile.
Le specialità dai campi
Nel territorio Langhe – Roero – Monferrato l’uva fa da regina ma:
“Alla fine dell’ ‘800 un’epidemia di filossera, nella zona del Roero, ha messo a dura prova tutta la produzione vinicola, costringendo a sostituire i filari di uva a favore dei frutteti. Ci fu un’esplosione di specialità e di prodotti agricoli unici” mi ha spiegato Domenico.


La pera Madernassa
Le catena Alpina protegge gli alberi da frutto di R’era ‘d Minot dagli agenti atmosferici, permettendo il proliferare di albicocche, susine, ciliegie, nocciole e le caratteristiche pere Madernassa, che non conoscevo e che Domenico mi ha introdotto volentieri:
“La Madernassa, frutto tipico della zona, è una pera da cuocere, anche se è buona anche cruda e grazie al basso apporto calorico e a un elevato potere saziante è ideale per piccoli spuntini”.

R’era ‘d Minot coltiva tutte le sue specialità secondo le direttive della produzione integrata, dando vita a frutti unici, incontaminati e nel rispetto della biodiversità (se avete il desiderio di approfondite queste tematiche vi invito a leggere il mio articolo su Riso San Maiolo).
I derivati della frutta di R’era ‘d Minot
Domenico, insieme ai figli Enrico e Stefano, vende la la sua frutta all’ingrosso e a tal proposito mi ha raccontato un aneddoto della loro azienda. Dalla magia del caso può nascere qualcosa di straordinario come i loro semi-lavorati: le pere sciroppate all’Arneis, confetture e succhi di frutta.

“Un anno non siamo riusciti a vendere un quantitativo ingente di pere all’ingrosso. Cosa facciamo, cosa non facciamo? Abbiamo iniziato studiare dei metodi alternativi di trasformazione naturale del frutto. Abbiamo creato l’aceto di pere, che ora sta maturando nelle barrique, e iniziato a produrre i nostri semi-lavorati”.
Da un errore è nata un’eccellenza!
A tal proposito mi è ritornato alla mente una raccolta di storie che ho letto qualche tempo fa, “Serendipity” di Oscar Farinetti. Si parla proprio di come, grazie al fato e a circostanze incontrollabili, siano nate le grandi eccellenze enogastronomiche del mondo e, guarda caso, in ognuna di queste storie c’è sempre un po’ d’Italia.
E così è successo a R’era ‘d Minot:
Mi sento qui di chiudere un paragrafo per aprirne uno ancora più speciale: i Bordone, infatti, non sono solo produttori di frutta, ma anche apicoltori, da più di trent’anni.
L’apicoltura
“Il primo incontro tra la famiglia Bordone e le api avvenne nel 1986”.
La storia inizia con due famiglie di api, che furono regalate alla famiglia Bordone da amici della comunità roreina, e arriva ad oggi con circa un migliaio di famiglie.
Le api sono come figlie, e tutti i membri della famiglia Bordone si impegnano nella cura degli alveari quotidianamente, eseguendo pratiche che vanno esclusivamente a beneficio delle loro api.


La tecnica del nomadismo
La nuova generazione ha trasformato un hobby in un vero e proprio business, complicato ma estremamente soddisfacente: l’apicoltura.
Le api di R’era ‘d Minot sono allevate con la pratica del Nomadismo, le casette dunque non vengono lasciate fisse in un luogo ma spostate seguendo le fioriture, in un raggio di 100 km nelle province di Asti e di Cuneo.
“Di luogo in luogo, le api si nutrono del prezioso nettare dei fiori, seguendo il ciclo delle stagioni e delle fioriture, divenute purtroppo sempre più imprevedibili.
Ogni miele viene prodotto in un luogo specifico e in uno specifico periodo dell’anno, portando le api a bottinare nelle valli più incontaminate e ricche di fioriture del Piemonte.
Cambiamenti climatici e inquinamento stanno rendendo sempre più difficoltosa questa pratica, essendo l’ape un insetto molto legato a fattori quali la biodiversità e la sostenibilità”.
Inoltre, come ha tenuto a specificare Domenico, il territorio del Roero presenta un’altissima densità di apicoltori, per tale ragione è consigliabile praticare il Nomadismo anche per evitare le zone troppo affollate da api di altri allevatori.

Sapevate che in Italia, nel 2020, sono stati numerati 68.684 apicoltori che producono ben 18.500 tonnellate di miele di 60 tipi diversi e con 1.632.825 alveari? (Fonte: Osservatorio Nazionale del Miele)
Durante l’inverno le mille famiglie di api di R’era ‘d Minot vengono tenute in prossimità di casa. A Febbraio inoltrato, quando iniziano le fioriture, vengono dislocate.
R’era ‘d Minot si è da poco dotata di un camion provvisto di ruspa che permetta un agevole e delicato spostamento degli alveari. Con un carico si riesce a spostare un apiario e ogni apiario ospita circa 56 famiglie.
Gli spostamenti avvengono idealmente in orari notturni e provvisti di tutti i documenti necessari per la posa degli apiari.
I luoghi, le fioriture, le stagioni
Ho chiesto a Domenico come scegliesse il luogo dove posare le sue api:
“Il posto ideale è una zona spaziosa, con prati stabili, incontaminata e ricca di fioritura del momento. Si cerca di discostarsi il più possibile dai campi coltivati per evitare avvelenamenti delle api. Infatti tutti i campi coltivati, soprattutto vigneti e coltivazioni di mais, sono sottoposti a trattamenti obbligatori, che beneficiano e aiutano le piante ma avvelenano le api”.
E poi ha iniziato a parlarmi delle fioriture, dei meccanismi naturali estremamente affascinanti.
Mi ha spiegato che le prime fioriture sono il Tarassaco e il Ciliegio selvatico, per fine marzo, poi arriva l’acacia (per R’era ‘d Minot si parla di acacia del Roero o dell’Astigiano), nelle settimane tra aprile e maggio, il tiglio, tra maggio e luglio e infine il Castagno, nelle settimane estive.


E così le api di R’era ‘d Minot seguono i fiori.
“Anche l’altitudine fa la sua parte, si mettono le casette inizialmente a basse altitudini, per una settimana e poi si spostano in altitudini più elevate dove la fioritura, dello stesso tipo di alberi, avviene anche 15 giorni dopo” mi ha spiegato Domenico.
Ma ora parliamo delle vere protagoniste della storia di R’era ‘d Minot: le api.
La meraviglia delle api
Ho avuto modo di fare delle interessantissime scoperte durante la mia chiacchierata con Domenico e spero che anche voi rimaniate affascinati come me.
Durante i mesi invernali Domenico e i suoi figli creano le nuove famiglie di api.
All’interno delle arnie i Bordone pongono: una giovane ape regina già fecondata, che acquistano da allevamenti specializzati, le api operaie e le api ovificatrici.
Ogni ape assume la sua funzione nell’alveare, creando un equilibrio perfetto nella famiglia.
Le arnie sono le casette delle api, quelle che conosciamo tutti. Quando le arnie iniziano ad essere abitate dalle api diventano alveari.
Gli equilibri familiari delle api
Dicevamo, inizialmente le api che compongono la famiglia sono circa la metà di una famiglia standard, poiché le restanti nasceranno successivamente, quando gli apiari saranno posizionati presso le fioriture in primavera.
“Durante tutto l’inverno le api operaie si adattano e familiarizzano con la regina. Verso metà anno, a marzo, le famiglie giovani vengono posizionate seguendo le fioriture e iniziano a lavorare, a deporre le uova e ad allargare la famiglia” mi ha spiegato Domenico.

La premura dell’apicoltore è di osservare costantemente e accuratamente le famiglie per monitorare la nascita di nuove api e di conseguenza allargare lo spazio nell’apiario.
La scelta dei Bordone di prendere api regine già feconde è dettata dall’efficienza di avere delle api pronte e robuste per seguire le fioriture primaverili e generare un miele straordinario.
Se si dovesse aspettare la fecondazione naturale della regina il processo potrebbe durare anche due mesi (invece che pochi giorni) e si perderebbe la stagione.
Dalla mia chiacchierata con Domenico sono emerse tante altre curiosità riguardanti il comportamento di questi insetti estremamente intelligenti e laboriosi, per esempio mi ha raccontato che quando piove è un momento molto delicato per le famiglie di api che, scombussolate dal cattivo tempo, non vogliono abbandonare il loro alveare.
Tutte le famiglie di api che non sono soddisfatte dell’operato della loro regina usano questo tempo di permanenza prolungata all’interno dell’alveare per costruire delle celle reali: le celle in cui nascono le nuove api regine.
Quando le api della famiglia iniziano a costruire le celle reali vuol dire che vogliono rimpiazzare la regina in carica. Domenico si diverte a definirla la “democrazia delle api”.
Per evitare che l’ape regina venga spodestata o addirittura uccisa l’apicoltore rimuove delicatamente le celle reali dagli alveari.
Il linguaggio delle api
Le api sono eccezionali, hanno un comportamento rispettoso e collaborativo e incredibilmente riescono a comunicare anche con gli umani che sanno ascoltarle e capirle.
Le api parlano tramite il movimento e il ronzio.
Un apicoltore capisce se qualcosa non va nelle sue api da come volteggiano e dal loro suono, se sono affaticate, affamate, vigorose e così via.
“È questione di esperienza, occhio e sensazioni” mi ha detto Domenico.

L’importanza delle api per la terra
Tuttavia, come sicuramente ben saprete, le api non servono solo a produrre il miele, e giacché siamo in argomento ho pensato fosse interessante riassumere in poche parole l’importanza di questi insetti per il nostro ecosistema e per la biodiversità.
“Le api domestiche e selvatiche sono responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta e garantiscono circa il 35% della produzione globale di cibo.
Negli ultimi 50 anni la produzione agricola ha avuto un incremento di circa il 30% grazie al contributo diretto degli insetti impollinatori. (fonte: isprambiente.gov.it)
Per preservare le api e far proliferare la loro attività, anche le grandi città si stanno adoperando per poter ospitare le arnie nei parchi urbani.
Ad oggi queste iniziative sono al loro esordio ma magari nei prossimi mesi potrò scrivervi qualche aggiornamento a riguardo.
“Per salvaguardare e valorizzare le api, Legambiente nel 2020 ha lanciato la campagna Save the queen. Un progetto, su scala nazionale, che prevede di incentivare l’utilizzo delle arnie, a diffondere gli orti urbani, a stringere accordi specifici con aziende agricole per mettere in campo azioni volte alla tutele ed all’incremento della presenza di api”. (fonte: https://www.romatoday.it)
Ma non è tutto, nelle grandi città si sta diffondendo sempre di più la pratica di apicultura urbana, nelle case private ma anche in contesti aziendali.
C’è chi posiziona le arnie nei piccoli cortili antistanti le abitazioni o addirittura nei terrazzi dei condomini. Le api stanno conquistando sempre di più l’interesse e il cuore delle persone.
Tornando alla storia di R’era ‘d Minot, come nasce il loro miele?
Il miele
Da ogni tipologia di fioritura nasce un tipo di miele R’era ‘d Minot diverso e unico: acacia, tarassaco, tiglio, castagno. Miscelando il prodotto di più fioriture si genera il millefiori.
“R’era ‘d Minot produce, infine, la melata di bosco, che non deriva da fiore ma dalla secrezione della meccalfa, un insetto che popola le piante o alcune foglie”

Lo smielamento
Dopo ogni fioritura, che può durare una o due settimane, avviene lo smielamento, il processo di estrazione del miele dai telaini dei melari. Vediamo come.
L’alveare (la casetta) è formata da due piani, il primo più alto chiamato nido, dove vivono le api, e il piano superiore, chiamato melare, dove stipano il loro miele.
In entrambi i piani, nido e melare, sono posti i telaini, dei supporti in legno che contengono i fogli cerei: sfoglie con delle celle prestampate che indirizzano le api su dove costruire le loro celle.

Anticipandovi un passaggio del processo di lavorazione del miele, vi racconto che i fogli cerei sono creati con il materiale di scarto della produzione del miele e sempre con questo materiale si crea la cera e anche delle componenti nutritive per le api stesse, da somministrare durante i periodi invernali in assenza di polline.


Quando si parla di miele biologico?
A tal proposito vi svelo un’altra scoperta molto interessante che ho fatto in occasione della mia chiacchierata con Domenico: il miele può definirsi biologico sono nel caso in cui i fogli cerei dei melari e dei nidi siano composti da materiale biologico. In caso contrario, in presenza di fogli cerei artificiali, il miele non è considerato biologico.
La certificazione del miele come bio, dunque, è relativa alla sua produzione e non alla sua provenienza ma, d’altronde, capite bene che risulterebbe complicato verificare che le api si nutrano esclusivamente del polline di fiori biologici e incontaminati.
Ma torniamo a come i Bordone lavorano il loro miele.
Il disopercolamento
Il miele viene estratto dal telaino del melare tramite il processo di disopercolamento, che da R’era d’Minot è completamente artigianale ed eseguito manualmente.
Il disopercolamento consiste nel liberare le celle del telaino da una patina resistente e far fuoriuscire il miele
“È bene che ci sia il miele opercolato nei telaini, delinea un corretto livello di umidità nel miele stesso” ha specificato Domenico.
Il materiale che si ottiene con il disopercolamento è detto favo. Oggi una strategia di marketing di alcuni produttori di miele è di vendere i barattoli di miele con il favo dentro mostrare un po’ della natura e della lavorazione del loro miele.
“Il disopercolamento è eseguito a regola d’arte quando si estrae il favo dal telaino tagliando in modo più superficiale possibile per non danneggiare le celle naturali create dalle api. Successivamente il favo viene ripulito completamente dal miele riducendo al minimo gli sprechi”.

L’estrazione del miele
Subito dopo, il telaino viene inserito nello smielatore, una centrifuga che permette di estratte tutto il miele senza residui e senza doverlo riscaldare, dunque senza alterare le sue proprietà organolettiche.
Lo smielatore è l’unico passaggio effettuate tramite macchinari: da R’era ‘d Minot tutto il resto è manodopera.
Ma io questa cosa l’avevo già sentita, ed è così che mi è ritornato alla mente un piccolo estratto, divertente ma anche profondo, che, evidentemente, è rimasto impresso nella mia memoria:
“Serve per estrarre il miele” disse. “Toglie le impurità, lascia la parte buona. Ho sempre pensato che sarebbe splendido avere uno strumento del genere anche per gli esseri umani. Li sbatti dentro e lasci che la centrifuga faccia il suo lavoro”. (La vita segreta delle api, Sue Monk Kidd)

Dallo smielatore il miele, per gravità, cola in dei contenitori sottostanti passando per un filtro a maglie larghe che trattiene i pezzi di cera più consistenti.
Lo schiumaggio e poi il miele è pronto!
Una volta arrivato nei contenitori viene lasciato in posa per circa dieci giorni. Durante la posa tutte le impurità del miele, più leggere del miele stesso, salgono a galla per poi essere completamente rimosse con un processo definito schiumaggio.
Ora il miele è pronto per essere riposto in taniche, destinate all’ingrosso, o in barattoli etichettati per noi consumatori privati (il 5% della produzione).

Il mercato più potenziale in cui si dovrebbe accedere è quello dell’Europa del Nord: in quelle regioni adorano il miele, ne consumano circa un vasetto a settimana! Per non dimenticare la loro volontà (e capacità) di spesa, che per questo genere di beni, è assai superiore alla nostra.
Considerate che il lavoro per la famiglia Bordone è quotidiano e assiduo non solo durante i periodi di nomadismo ma anche nei momenti di produzione.
Ogni famiglia di api genera circa 30 kg di miele all’anno, per un totale di 30.000 kg di miele R’era ‘d Minot da lavorare e distribuire!
R’era ‘d Minot: Uno sguardo al futuro
La loro passione e spirito contadino che si tramandano da generazioni fanno si che tutto ciò che passa dalle loro mani si distingua per autenticità, genuinità, freschezza e altissima qualità.
Ho avuto modo di odorare il miele di Tarassaco di R’era ‘d Minot, profuma di natura di fiori e di aria pulita ed era luminoso e limpido. Il risultato era stupefacente nonostante la lavorazione del miele di Tarassaco presenti qualche complessità:
“Il miele di Tarassaco cristallizza subito, deve essere lavorato e riposto nei barattoli il prima possibile, per avere una resa ottimale” mi ha spiegato Domenico.

Il colore e il profumo del miele sono figli del clima e del meteo, al giorno d’oggi sempre più imprevedibili:
“Gli inverni troppo caldi condizionano molto le fioriture delle piante. Quest’anno, ad esempio, ci sarà poco miele di Acacia in Italia. Gli inverni caldi delle regioni del Nord hanno ridotto le fioriture e inficiato il colore del miele e sulle quantità”.

Si augurano che il turismo enologico che impreziosisce le zone delle Langhe e del Roero diventi turismo enogastronomico. Tutte le eccellenze del territorio saranno un’attrazione per i turisti esperti, interessati e consapevoli, ma anche per gli esploratori delle cose buone e belle. R’era ‘d Minot non vede l’ora di introdurre dal vivo il loro fantastico mondo di produttori di miele.
Come raggiungere R’era ‘d Minot
Sito web: reradminot.it
Telefono: 333 8557 317
Email: info@reradminot.it
Indirizzo: Loc. Oggera 46/bis | 12040 Monteu Roero (CN) Italia
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